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2 marzo 2015
Sardegna-Expo: ci da lezioni pure lo Zimbawe
Nel senso del porcetto: la politica sarda si contorce per il divieto di portare il maialetto da latte alla Expo di Milano. Colpa della «peste suina» che la Sardegna non riesce a debellare da 40 anni. E se la prende invece con lo Zimbawe, a cui è consentito far gustare ai visitatori carne di serpente. Si grida perciò al vulnus della identità sarda ferita. Senza capire, ahinoi, che lo Zimbawe è in condizioni di dare garanzie sanitarie superiori alla Sardegna. E dire che il lardo di Villagrande sarebbe più buono di quello di Colonnata e di Arnad, ma in Italia arriva di contrabbando, come ha scritto qualche mese fa Gianni Mura sulla Repubblica…


Non abbiamo troppa voglia di dare consigli a Francesco Pigliaru. Gia una volta gli abbiano chiesto che cosa preferisse fra il gelato «gusto oro» da mezzo milione di euro, lanciato a Porto Cervo oppure il «lardo» di Villagrande Strisaili, citato da Gianni Mura grande giornalista sportivo per lavoro ma per passione ancor più grande cultore della gastronomia naturalisticamente corretta. Chiedevamo a Pigliaru, quale preferisse fra le due eccellenze della Sardegna rimbalzate sui giornali di fine estate 2014: il gelato per arabi o il lardo per intenditori? Anzi la domanda era perfino subdola: a quale delle due facce della Sardegna corrispondeva l’identità nazionale che andiamo cercando! Vabbè, non ci ha risposto. Ma adesso che al porcetto sardo e a tutto ciò che dal porcetto discende è stato rifiutato un posto alla grande mensa del cibo compatibile apparecchiata dall’Expo di Milano, forse una telefonata a Gianni Mura il presidente della Sardegna dovrebbe proprio farla. Le sue condizioni di spirito, nonostante la sua aria un po’ depressa, non dovrebbero essere fra le peggiori: l’approvazione di una finanziaria da 7,818 miliardi, «un patto sociale per il rilancio della Sardegna», dovrebbe indurlo a una maggiore serenità dopo tanti patemi e polemiche sottili come polveri inquinanti.

E Mura non sarebbe scontento di parlare con Pigliaru del lardo di Villagrande, invece che della penosa condizione del Cagliari di Zola. C’è qualcosa di perfido nel destino calcistico presente di una squadra che è riuscita a sopravvivere con grande dignità alla sua gloriosa storia, pur nelle mani di un presidente spregiudicato e pregiudicato come Cellino, che ora si trova sull’orlo della serie b, proprio quando si ritrova affidata nelle mani di un mito del calcio sardo, secondo solo a Gigi Riva, della caratura di Gianfranco Zola. A Gianni Mura il lardo di Villagrande piace per tanti motivi: prima di tutti perché più buono di lardi più celebri come quello di Colonnata o di Arnad. Poi perché gli piace anche il suono dei nomi del paesaggio ogliastrino: Suana, Isadalu, Orgueda, Idòlo (che sembrano i nomi di una formazione africana), poi perché Villagrande detiene il record mondiale di longevità maschile, e infine perché per procurarselo in Continente «bisogna conoscere abili spacciatori».

Anche Mura infatti sa che il lardo è proibito in Italia. Tutta colpa della «peste suina», che in realtà si chiama «peste africana». Che però non è un male divino e nemeno una maledizione biblica. In Sardegna c’è infatti solo da 36 anni. C’è infatti qualcosa di paradossale nell’idea che i 69 salumifici sardi debbano usare maiali importati, proprio nella patria del porcetto. E perciò sconcertano le lamentele della politica sarda che si strappa le vesti contro la prepotenza continentale che impedisce al maiale di Sardegna di sbarcare a Milano, mentre permette di far mangiare ai visitatori della Expo carne di cocodrillo e scarafaggi fritti. Ora che la politica sarda se la prenda con lo Zimabuwe perché nei suoi stand può far gustare carne di rettile arrosto, ci fa sorridere. La sfida mi sembra tutta a nostro disdoro. La Nuova Sardegna alza i toni, facendone una questione identitaria, come scrive Angelo Rojch parlando di «orgoglio culinario-identitario» ferito dai «beffardi burocrati» che escludono il porcetto ma «danno il via libera alle braciole di coccodrillo e alle ciotole di insetti… Tutto vero. Tutto deciso a colpi di decreti del ministero della Salute. Perché nei prossimi mesi esportare il maiale sardo resterà vietato, importare la carne di coccodrillo no».

In tutto questo sdegno c’è una contraddizione profonda: perché vuol dire che lo Zimbawe può presentare tutte le credenziali sanitarie internazionali per far gustare i suoi prodotti «identitari» a Milano, e invece la Sardegna proprio no. Viene da ridere a sentire che il maialetto dovrebbe poter entrare all’Expo, anche se un po’ appestato, perché la Sardegna spende ben 3 milioni e mezzo di euro per partecipare. Che pretesa! Non sarebbe stato meglio, già da 36 anni fa, debellare la peste suina facendo la fortuna di allevatori e produttori che potrebbero fare così del maiale sardo, una delle sei razze suine autoctone ricosciute in Italia, un prodotto di eccellenza. Per eradicare la peste suina l’Europa ha stanziato per la Sardegna più di tre miliardi. Pigliaru dia retta, chiami Gianni Mura prima che sia troppo tardi. Lo nomini «commissario al lardo». Sicuramente non saprà come fare. Ma le possiamo garantire che dopo 36 anni di peste africana avrà il buon senso di non dare la colpa allo Zimbawe.
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