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Sassari NewsnotiziesardegnaCronacaIncendi › «Sono già 1877 gli incendi in Sardegna nel 2016»
A.B. 23 luglio 2016
«Sono già 1877 gli incendi in Sardegna nel 2016»
Ieri il record. «Si eviti alle aziende agricole la beffa dei divieti di pascolamento», dichiara il presidente di Coldiretti Regione Battista Cualbu


CAGLIARI - La Sardegna è in balia di un rogo che sta devastando migliaia di ettari territorio, con gravissimi danni contingenti e purtroppo anche futuri. Ogni giorno i bilanci sono dei bollettini da guerra causati da mani maledette che stanno compromettendo il patrimonio naturale isolano. Ogni ettaro di macchia mediterranea, secondo il dossier presentato nei giorni scorsi dalla Coldiretti, è popolato in media da 400 animali tra mammiferi, uccelli e rettili, ma anche da una grande varietà di vegetali, che a seguito degli incendi è andata persa. Nelle foreste andate a fuoco sono impedite per anni anche tutte le attività umane tradizionali del bosco, come la raccolta della legna, dei tartufi e dei piccoli frutti, ma anche quelle di natura hobbistica come la raccolta dei funghi che coinvolge decine di migliaia di appassionati. Un danno incalcolabile che si perpetra nel più grande polmone verde della Penisola, con oltre il 50percento della superficie ricoperta dal bosco. Il paesaggio lunare che lascia il fuoco non è solo un pessimo biglietto da visita per la vista, ma è fortemente invalidante per l’economia, e quindi la cultura e la socialità.

«Non è questo il momento dei bilanci e delle polemiche – commenta il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu – ma quello dell’unità contro una delle piaghe più brutte e nefaste della Sardegna. Per i nostri agricoltori e allevatori sono dei momenti difficilissimi che si sommano alla già difficile annata, fatta di siccità e ribassi del prezzo, oltre che da ritardi ingiustificabili nei pagamenti dei premi comunitari. Troppi pesi per una categoria, che seppur orgogliosa e abituata obtorto collo alla sofferenza e a stringere la cinghia, si ritrova davanti ad una delle prove più dure che potrebbe essere deleteria per diverse aziende». In Sardegna, da gennaio a ieri (venerdì), sono divampati 1877 incendi. A luglio, complice il caldo, c’è stata un’esplosione con 492 incendi segnalati dalla Protezione Civile in ventidue giorni, con una media di ventidue roghi al giorno, contro la media dei quasi otto nel primo semestre. Ieri, si è toccato il record stagionale, con trentanove incendi.

«Le aziende agricole stanno subendo danni incalcolabili – racconta il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba - In diverse si ritrovano senza pascolo, con il raccolto e le proviste andate in fumo, alcuni senza animali o comunque con parte di essi danneggiati dal fumo e senza recinzioni. In alcuni casi sono finiti all’ospedale gli stessi imprenditori perché intossicati. Occorre – secondo il direttore – mettere in campo tutti gli strumenti per andare in soccorso ai pastori, allevatori e agricoltori danneggiati. Lo sblocco immediato dei premi comunitari, seppure in forte ritardo, rappresenterebbe una boccata d’ossigeno, soprattutto in questo momento. Ma si dovrebbe pensare e studiare anche altri interventi per le recinzioni e le altre perdite. Le aziende non vanno lasciate sole perché gestiscono un patrimonio collettivo in cui non si può continuare a socializzare i profitti, in questo caso ambientali, culturali, sociali e identitari e privatizzare le perdite». Oltre al danno invece, si prospetta pure la beffa della legge 353 del 2000 (articolo 10), che prevede il divieto di pascolamento dei terreni bruciati per i dieci anni successivi al rogo.

«In questo modo – secondo Coldiretti Sardegna - si punisce a prescindere chi invece il territorio lo custodisce e lo tutela quotidianamente. Oltre al cambiamento di questa norma discriminatoria, bisogna lavorare per fare squadra e sistema ponendo le condizioni per contrastare, per esempio, l’allontanamento dalla campagna e soprattutto dai territori marginali, dove la chiusura di un ovile corrisponde all’abbandono totale di quella fetta di terra. Bisogna valorizzare le funzioni di sorveglianza, manutenzione e gestione del territorio svolte dagli imprenditori agricoli. Si deve riconoscere, in poche parole, il ruolo culturale, sociale ed economico di chi vive e lavora a difesa del paesaggio e dell’ambiente, nell’interesse dell’intera collettività».


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